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giovedì, febbraio 27, 2014
Misteri e segreti di Roma
Via di Porta Pinciana
Potenza di Angelica
Il giardino di Villa Malta vide, negli ultimi anni del Settecento, l'idilio fra Goethe e la pittrice-cantante Angelica Kauffmann, che lì si incontravano i pomeriggi di domenica.
Goethe, trentottenne, alloggiava in Via del Corso al numero 20 (casa ancora oggi visibile, con tanto di lapide), si faceva chiamare Philipp Moeller, si diceva pittore: la gente del quartiere lo chiamava "il barone dirimpetto al rondanini". Angelica Kauffmann godeva fama di essere stata l'unica donna cui si fosse mai accostato il Winckelmann.
mercoledì, febbraio 26, 2014
Gioachino Belli
« I sovrani del mondo antico
C'era una volta un Re che dal palazzo mandò in piazza al popolo quest'editto: "Io sono io, e voi non siete un cazzo, signori vassalli invigliacchiti, e silenzio.
Io sono capace di cambiare una cosa da uno stato all'altro e viceversa: Io vi posso barattare tutti per un nonnulla: Io se vi faccio impiccare tutti non vi faccio torto, Visto che Io ho il potere di darvi la vita e quel con cui vivere.
Chi vive in questo mondo senza possedere la carica o di Papa, o di Monarca o di Imperatore, colui non potrà mai far sentire la sua voce in pubblico!".
Con tale editto si recò il boia come portavoce, chiamando all'attenzione tutti quanti a gran voce; e il popolo intero rispose: "È la verità, è la verità!". » (IT)
« Li soprani der monno vecchio
C'era una vorta un Re cche ddar palazzo
mannò ffora a li popoli st'editto:
"Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo,
sori vassalli bbugiaroni, e zzitto.
Io fo ddritto lo storto e storto er ddritto:
pòzzo vénneve a ttutti a un tant'er mazzo:
Io, si vve fo impiccà nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba Io ve l'affitto.
Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd'Imperatore,
quello nun pò avé mmai vosce in capitolo!".
Co st'editto annò er Boja per ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore;
e arisposero tutti: "È vvero, è vvero!". »
Gioachino Belli
7. Er pennacchio
Ah
Menicuccio mia, propio quer giorno,
la viggijja de pasqua bbefania,
quella caroggna guercia de Luscia,
lo crederessi?, me mettette un corno.
la viggijja de pasqua bbefania,
quella caroggna guercia de Luscia,
lo crederessi?, me mettette un corno.
Porca
fottuta! e me vieniva intorno
a ffà la gatta morta all’osteria
pe rrempí er gozzo a la bbarbaccia mia,
’ggni sempre come la paggnotta ar forno.
a ffà la gatta morta all’osteria
pe rrempí er gozzo a la bbarbaccia mia,
’ggni sempre come la paggnotta ar forno.
E
intratanto co mmastro Zozzovijja
me lavorava quele du’ magaggne
d’aruvinà un fijjaccio de famijja.
me lavorava quele du’ magaggne
d’aruvinà un fijjaccio de famijja.
Ecco,
pe ccristo, come sò ste caggne:
amore? ’n accidente che jje pijja:
tutte tajjòlepe ppoi fatte piagne.
amore? ’n accidente che jje pijja:
tutte tajjòlepe ppoi fatte piagne.
Gioachino Belli
VONNO COJJONATTE E RRUGÀ!
Jer l'antro ebbe d'annà a li Ggipponari
Pe rruscì verzo punta-de-diamante,
A ccrompamme un corpetto da un mercante,
Che, disce Sgorgio, nu li venne cari.
Er padrone era ito a li ssediari
A ccercà un tajjo de pelle de Dante,
C'era un giovene vecchio, ma ggargante
Da fatte saccheggià li cortellari.
Io je disse de damme sto corpetto;
E cquer faccia de grinze a mmossciarella
Me ne diede uno che nemmanco in ghetto.
Io bbùttelo pe tterra. Er zor Brighella
Se scalla er pisscio: io te l'agguanto in petto.
E ssai come finì? Cco la bbarella.
Terni, 2 ottobre 1831
Misteri e segreti di Roma
Via Caio Cestio
I figli dei grandi
Morto a Roma nel 1830, e sepolto al cimitero protestante, fra i tanti illustri, il figlio di Goethe, uomo non particolarmente brillante, fu gratificato di una lapide che non reca neppure il suo nome di battesimo e lo indica semplicemente come " Goethe filius ".
A brevissima distanza riposano i resti mortali del figlio della " Carlotta " del Werther, Christian August Kestner, morto a Roma nel 1835.
La tomba di Romoloe Remo
Affermano i Mirabilia che nella piramide fuori Porta San Paolo (in reatà ultimo asilo delle spoglie mortali di Caio Cestio, pretore, tribuno ed epulone, cioè membro del collegio septemvirale degli ordinatori dei banchetti sacri) sono seploti Romolo e Remo; i quali fecero costruire così la loro tomba perchè non vi potessero andar sopra i caniChe la piramide di Cestio fosse il sepolcro di Remo, lo credeva anche il Petrarca.
venerdì, febbraio 21, 2014
Misteri e segreti di Roma
Viale del Muro Torto
Il Muro Torto
Sta sul viale omonimo, subito fuori porta del Popolo; è un blocco enorme di struttura laterizia, crollato in antico dalla cinta di mura. Crollando lasciò una pericolosa breccia, ma si racconta che quando 536 Belisario rafforzò le mura di Roma contro la minaccia dei Goti, la breccia rimase: gli uomini si rifiutarono di lavorarci perchè San Pietro aveva pro messo di difendere lui stesso quel luogo e sarebbe stato quindi sacrilego apportarvi qualche mutamento.
Narra Procopio che quando i Goti assediarono Roma, in quello stesso 536, effettivamente non si accorsero dell'esistenza della breccia.
Ai piedi del Muro si credette che fosse la tomba di Nerone (una delle tante sparse per Roma) e vi fu veramente un cimetero sconsacrato per quanti non potevano aspirare cristiana: ne usufruirono sopratutto donne di malaffare. Però nel 600 scriveva uno straniero che le meritrice, se rinsavivano prima di morire, meritandosi o monacandosi, venivano esentate dall'ignominia di tale sepoltura.
La balconata che, sul retro del Pincio, sovrasta il Muro Torto diventò un preferito trampolini di lancio per suicidi, tanto che in certi punti si dovette tendere una rete di protezione, tutt'ora esistente.
Le ombre di Targhini e Montanari
La tomba di Tarquini e Montanari, i due carbonari giustiziati sotto Leone XII, morti impenitenti e sepolti in terra sconsacrata, nella fossa del Muro Torto, era uno dei luoghi frequentati dai romani che giocavano al lotto. La gente vi accorreva a prendere i numeri e assicurava di vedere i loro spettri, tanto che al tempo di Gregorio XVI si giudicò opportuno trasportare altrove la sepoltura.
Una notte, una donna fu trovata svenuta per la paura: stava pregando le anime dei due giustiziati di darle un terno sicuro, quando aveva sentito un rumore in cortile, e corsa ad affacciarsi aveva visto le ombre di Targhini e Montanari traversare la corte con la testa in mano.
martedì, febbraio 18, 2014
Trilussa
- Er compagno scompagno
- Un Gatto, che faceva er socialista
- solo a lo scopo d'arivà in un posto,
- se stava lavoranno1 un pollo arosto
- ne la cucina d'un capitalista.
- Quanno da un finestrino su per aria
- s'affacciò un antro Gatto: - Amico mio,
- pensa - je disse - che ce so' pur'io
- ch'appartengo a la classe proletaria!
- Io che conosco bene l'idee tue
- so' certo che quer pollo che te magni,
- se vengo giù, sarà diviso in due:
- mezzo a te, mezzo a me... Semo compagni!
- - No, no: - rispose er Gatto senza core
- io nun divido gnente co' nessuno:
- fo er socialista quanno sto a diggiuno,
- ma quanno magno so' conservatore!
- 1) Mangiando con metodo.
Trilussa
- L'onestà de mi' nonna
- Quanno che nonna mia pijò marito
- nun fece mica come tante e tante
- che doppo un po' se troveno l'amante...
- Lei, in cinquant'anni, nu' l'ha mai tradito!
- Dice che un giorno un vecchio impreciuttito1
- che je voleva fa' lo spasimante
- je disse: - V'arigalo 'sto brillante
- se venite a pijavvelo in un sito. -
- Un'antra, ar posto suo, come succede,
- j'avrebbe detto subbito: - So' pronta.
- Ma nonna, ch'era onesta, nun ciagnede;2
- anzi je disse: - Stattene lontano... -
- Tanto ch'adesso, quanno l'aricconta,
- ancora ce se mozzica3 le mano!4
- 1) Ripicchiato.
- 2) Non vi andò.
- 3) Si morde.
- 4) Perché si pente di non averlo fatto.
venerdì, febbraio 07, 2014
Misteri e segreti di Roma
Monte Sacro
Il montedell' integrazione
Sul Monte Sacro, un'altura di 37 metri, si accampò la plebe durnte la secessione poi placata, come ognuno sa, da Menenio Agrippa con il famoso paternalistico apologo, in cui spiegava, col paragone del corpo umano, come sfruttati e sfruttatori dovessero integrarsi in armonica convivenza.
Trilussa
La tartaruga
Mentre una notte, se ne andava a spasso
la tartaruga fece il passo, più lungo della gamba e cascò giù con la casa rivolta all'insù
Un rospo che di lì passo le disse: "queste son scappatelle che costano la pelle"
"lo so" rispose lei, ma prima di morir vedo le stelle.
Mentre una notte, se ne andava a spasso
la tartaruga fece il passo, più lungo della gamba e cascò giù con la casa rivolta all'insù
Un rospo che di lì passo le disse: "queste son scappatelle che costano la pelle"
"lo so" rispose lei, ma prima di morir vedo le stelle.
role.it/poesie/filastrocche/poesia-177477?f=a:2498>
Trilussa
Stella cadente
Quanno me godo da la loggia miaparole.it/poesie/poesie-vernacolari/poesia-194739?f=a:2498>
quele sere d'agosto tanto belle
ch'er celo troppo carico de stelle
se pija er lusso de buttalle via,
a ognuna che ne casca penso spesso
a le speranze che se porta appresso.
Perché la gente immaggina sur serio
che chi se sbriga a chiede quarche cosa
finché la striscia resta luminosa,
la stella je soddisfa er desiderio;
ma, se se smorza prima, bonanotte:
la speranzella se ne va a fa' fotte.
Jersera, ar Pincio, in via d'esperimento,
guardai la stella e chiesi: — Bramerei
de ritrovamme a tuppertù co' lei
come trent'anni fa: per un momento.
Come starà Lullù? dov'è finita
la donna ch'ho più amato ne la vita? —
Allora chiusi l'occhi e ripensai
a le gioje, a le pene, a li rimorsi,
ar primo giorno quanno ce discorsi,
a quela sera che ce liticai...
E rivedevo tutto a mano a mano,
in un nebbione piucchemmai lontano.
Ma ner ricordo debbole e confuso
ecco che m'è riapparsa la biondina
quanno venne da me quela matina,
giovene, bella, dritta come un fuso,
che me diceva sottovoce: — È tanto
che sospiravo de tornatte accanto! —
Er fatto me pareva così vero
che feci fra de me: — Questa è la prova
che la gioja passata se ritrova
solo nel labirinto der pensiero.
Qualunquesia speranza è un brutto tiro
de l'illusione che ce pija in giro. —
Però ce fu la mano der Destino:
perché, doppo nemmanco un quarto d'ora,
giro la testa e vedo una signora
ch'annava a spasso con un cagnolino.
Una de quele bionde ossiggenate
che perloppiù ricicceno d' estate.
— Chissà — pensai — che pure 'sta grassona
co' quer po' po' de robba che je balla
nun sia stata carina? — E ner guardalla
trovai ch'assommava a 'na persona...
Speciarmente er nasino pe' l'insù
me ricordava quello de Lullù...
Era lei? Nu' lo so. Da certe mosse,
da la maniera de guarda la gente,
avrei detto: — È Lullù, sicuramente... —
Ma ner dubbio che fosse o che nun fosse
richiusi l'occhi e ritornai da quella
ch'avevo combinato co' la stella.
mercoledì, febbraio 05, 2014
Misteri e segreti di Roma
Piazza e vicolo Scanderbeg
Lo Scannabecchi
Nella lunetta del portone di palazzo Scanderbeg sta dipinto il profilo dello Scanderberg, chiamato a Roma popolarmente "Scannabecchi".
Si fece costriure a Roma questo palazzo sul quale fece porre, a mò di firma, il suo ritratto. Lasciò il palazzo in eredità con l'obbligo di fare restaurare il suo profilo: in caso di inadempienza gli eredi sarebbero rimasti a bocca asciutta.
Vicolo scanderberg, stretto e sormontato da un arco, è tra i più pittoreschi di Roma.
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