Nel 1876, megalomane come al solito, Crispi propose di alzare in via Nazionale un edificio di proporzioni faraoniche che avrebbe dovuto comprendere Camera, Senato e speciale costruzione per l'aula dei deputati. Sarebbe venuto a costare la folle somma di cento milioni, e la proposta venne respinta suscitando le ire dello statista siciliano: capace soltanto lui, come disse in quella occasione, << di sentire e comprendere le grandi cose da compiesi in nome dell'Italia >> ( a noi però è stato risparmiato il probabile spettacolo di un altro esempio raccapricciante dell'architettura umbertina, tipo vittoriano).
Così l'aula Comotto restò com'era per 27 anni e cioè fino al 1898, quando minacciò di crollare.
In fretta e furia gli onorevoli deputati dovettero trasferirsi nel salone centrale del primo piano, insufficiente a contenerli tutti, e qualche tempo dopo nell'ala sinistra del grande edificio: ci sarebbero rimasti vent'anni perché il palazzo-gemello dovuto all'architetto Ernesto Basile, con l'ingresso verso piazza del Parlamento, fu inaugurato soltanto il 20 novembre 1918.
E un palazzo pretenzioso e bruttino con suo paramento di mattoni, l'attico a smerli e le decorazioni floreali che lo fanno somigliare a una villona privata, a un grande albergo o a una costruzione industriale della belle époque.
Nel centro storico di Roma, che è tutto di toni sul giallo dorato ci sta bene, secondo il detto spagnolo, come la sella alla vacca; e rispetto al sontuoso edificio barocco innalzato dal Fontana, del quale in ogni modo è riuscito a raddoppiare l'area, ha fatto e farà sempre la figura del parente povero.
continua...