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lunedì, marzo 31, 2014

Misteri e segreti di Roma




            

 
Via dei Colli della Farnesina
Le conchiglie di Monte Mario
Lungo questa via, nel fianco di Monte Mario, si possono osservare tutt'ora, meglio che in qualsiasi altro luogo, fitti giacimenti di conchiglie fossili nelle sabbie marine, vecchie di milioni d'anni, da cui Monte Mario è formato. E' noto infatti che in un lontano passato tutta la zona di terra oggi occupata da Roma era coperta dal mare.
La specie di molluschi, tutte marine - il primo catalogo, del 1854, ne elencava 272 - sono simili a quelle che vivono ancor oggi nel fondo delle acque mediterraenee, con l'eccezione di alcune emigrate in altri mari o estinte.
Ancora non molti anni fa, prima del boom dell'edilizia anche la fauna e la flora di Monte Mario erano ricchissime, vi si trovavano orchidee, istrici, scoiattoli e d altre insolite creature. L'ultimo istrice fu trovato nella zona circa 50 anni fa.

sabato, marzo 22, 2014

Ettore Petrolini

ho visto un cane che dimenava la coda dell'occhio

ho visto un gatto che mi guardava in cagnesco

ho visto un religioso talmente casto che si rifiutava di entrare nelle macellerie per non sentire gli stimoli della carne

ho visto un uomo tanto pauroso che si spaventava per una fiera di beneficenza

ho visto una gallina con la pelle d'oca

Che tragedia da ridere questo nostro soffrire! Si nasce per vivere,
e si vive per morire!
 
 
 
 

Ettore Petrolini

Io non lavoro per bisogno perchè , grazie a Dio, di bisogno ne ho gia' abbastanza

venerdì, marzo 21, 2014

Misteri e segreti di Rpma



        



Via di Porta S: Sebastiano
Quali colombe
Le collinette e le vallette che racchiudono questa splendida e poetica via nascondono nelle loro viscere numerosi colombari, le sepolture degli antichi romani (che non potevano erigersi addirittura una tomba sulla Via Appa). Poetici nel nome, suggestivi di fatto, alludono non ad un favoloso volo delle anime "quali colombe dal disio chiamate", ma semplicemente al loro curioso aspetto; sono sotteranei, e hanno tutte le pareti interne scavate da innimerevoli nicchiette, che contenevano le urne cinerarie. Se ne possono visitare 5 (presso la Tomba dei Scipioni, nell'atiguo parco, nella vigna Codini).
Impara l'arte
Annessa alla tomba degli Scipioni è una "calcara", uno dei funesti luoghi dove, nel medioevo, si cuocevano lettereùalmente le statue antiche oer trarne calce. Quest'usanza non cessò col più civile rinascimento: in quest'epoca si imparava l'arte (studiando le statue antiche), ma la si metteva anche da parte trasformandole spesso in calcina

martedì, marzo 18, 2014

Gioacchino Belli

Da cristiano! Si mmoro e ppo’ arinasco, Pregh’Iddio d’arinassce a Rroma mia. 

Trilussa (Carlo Alberto Salustri)

CAFFÈ CONCERTO Parla Cencio er porta-ceste

I

Ho bazzicato li caffè concerto:
portanno le canestre a le cantante,
sor cavajere mio, n'ho viste tante!
Se sapesse le cose ch'ho scoperto!
Le stelle? le conosco tutte quante.
Ce spizzico, ciabbusco, me diverto...
Ogni tantino capita l'incerto...
Già: incertarelli da caffè sciantante!
S'uno me chiede: — Indove sta la tale? —
io je lo dico come dico a lei
dov'abbita Zazzà... Che c'è de male?
Sta ar Corso... Embè? pe' questo fo er mezzano?
Nummero... oh, Dio ne guardi! trentasei...
Ciamancherebbe questa!... primo piano.

II

La todesca che canta le canzone,
jersera, spasseggianno tra le quinte,
trovò er pajaccio co' le labbra tinte
de biacca, de rossetto e de carbone.
Cominciorno a ruzzà: lui co' le spinte,
lei co' le ventajate... In concrusione
s'abbraccicorno, e lui, cor un bacione,
je stampò in bocca le du' labbra finte.
In quer momento arrivò er conte, quello
cór vetro all'occhio; lei tutta smorfiosa
annò pe' daje un bacio scrocchiarello.
Er conte, alegro, je se buttò in braccio,
baciò la bocca a quela scivolosa...
e restò co' l'impronta der pajaccio.

III

Er sotto-panni? È tutto! Una sciantosa,
p'avé successo ne le canzonette,
s'arza la vesta, fa le pirolette...
Lei me dirà ch'è troppo scannalosa...
Ma puro 'na signora, quanno sposa
j'espone le mutanne, le carzette,
perfino le camice che se mette...
Bè'? su per giù, nun è la stessa cosa?
Ch'avrebbero da fa'? Sarebbe bella!
Da noi, solo la Sgrulli, ch'è 'n'artista,
porta le veste longhe: solo quella!
S'è onesta? Peggio! Cià le gambe storte:
naturarmente fa la romanzista
pe' nun portà le vestarelle corte.

IV

A vedella cantà co' quer vestiario
pare la donna più sentimentale...
Ma si sapesse! È 'na zozzona tale!
L'avrebbe da vedé dietro ar sipario!
Jeri, ner liticà co' l'impresario
doppo d'avé cantato l' Ideale ,
fece un rumore co' la bocca... eguale
a un bacio che viè dato a l'incontrario.
A che serve d'avé le labbra belle
e li denti più bianchi de l'avorio,
se poi ce scrocchia certe pappardelle?
Io nun so come nun se ne vergogna!
Un regazzino d'un educatorio,
a petto a lei, diventa 'na carogna.

V

E questa, poi, me la ricorderò
infin che campo. Un giorno un attascè,
all'ora de le prove, je portò
un ber mazzo de giji e de pansé.
Lei se n' agnede a casa, e azzecchi un po'
dove diavolo messe quer bocchè?
Co' rispetto parlanno, lo posò
drento la cunculina der bidè.
— Ma come? er fiore de la castità
— je dissi io, perché je do der tu —
lo metti a mollo come er baccalà?
Propio là drento! — Lei rispose: — Sì:
intanto ar giorno d'oggi, su per giù,
tutta la poesia finisce lì.

VI

La madre? È 'na madraccia senza core
che mette a l'asta pubbrica la fìja:
e la spigne, e j'insegna, e la consija
pe' potè speculà sur disonore.
Un giorno l'acchiappò con un signore:
— Ah! — fece lei — me faccio meravija!
L'onore! l'avvenire! la famija!...
Je do querela! Vado dar questore! —
Ma doppo, co' l'ajuto de l'aggente,
che puro quello è un mezzo rucco-rucco,
fu combinato reciprocamente.
L'onore? la famija? l'avvenire?...
'Sta birbacciona fece un patto stucco:
tutto compreso, quattrocento lire.

VII

Quella der primo nummero l'ho vista
ch'entrava da Carlotta a via Rasella;
e, sa, 'na visituccia fatta a quella
pô immagginasse bene in che consista!
'Sta donna, ch'è piuttosto attempatella,
vent'anni fa faceva la corista;
mó affitta: affitta sempre a quarche artista
che j'aricorda un'epoca più bella.
Nun pô sbajà: siccome è assicurata
contro l'incendi, lei vedrà per aria
una placca de latta imbollettata.
Però, co' tutta l'assicurazzione,
co' tutto che c'è scritto la Fondiaria,
ogni tanto j'abbruceno er pajone.

VIII

La cantante a dizzione s'è incocciata
de nun volé cantà cór rifrettore:
lei dice che co' tutto quer chiarore
j'arimane la vista sbarbajata.
Ma invece c'è un motivo più maggiore!
'Na raggione più seria! S'è invecchiata!
Ha voja a mette l'acqua ossiggenata,
ha voja a impiastrucchiasse cór colore!
Eppoi la donna è come li cavalli:
l'età je se conosce da li denti:
a quarant'anni so' un pochetto gialli,
poi scuretti, poi neri, e piano piano
j'aritorneno bianchi arilucenti...
a casa d'un dentista americano.

IX

La vedo spesso quanno che se specchia
ner cammerino prima d'entrà in scena...
Povera donna! quanto me fa pena!
Jeri me disse: — Eh, Cencio mio, s'invecchia...
— Ma come? — dico — avrà trent'anni appena,
e una donna, a trent'anni, nun è vecchia:
nun se metta 'ste purce pe' l'orecchia... —
Dice: — Ma guarda! Paro ' na balena!
Pur'io so' stata bella! bella assai! —
Dico: — Lo credo. — Dice: — E che cantante!
Eh, Cencio mio, nun me credevo mai
finì la vita in un caffè-concerto,
io, che so' stata amica d'un regnante... —
A chi alludeva? Forse a Carlo Alberto.

Trilussa (Carlo Alberto Salustri)


ADAMO E LA PECORA


Adamo, che fu er primo propotente,
disse a la Pecorella: — Me darai
la lana bianca e morbida che fai
perché la lana serve tutta a me.
Bisogna che me vesta... Dico bene? —
La Pecorella je rispose: — Bee... —
E l'Omo se vestì. Doppo tre mesi
la Pecorella partorì tre agnelli.
Adamo je se prese puro quelli
e je tajò la gola a tutt'e tre.
— Questi qui me li magno... Faccio bene? —
La Pecorella je rispose: — Bee... —
La bestia s'invecchiò. Doppo quattr'anni
rimase senza latte e senza lana.
Allora Adamo disse: — In settimana
bisognerà che scanni pur'a te;
oramai t'ho sfruttata... Faccio bene? —
La Pecorella je rispose: — Bee...
— Brava! —je strillò l'Omo — Tu sei nata
cór sentimento de la disciplina:
come tutta la massa pecorina
conoschi er tu' dovere e dichi: bee...
Ma se per caso nun t'annasse bene,
eh, allora, fija, poveretta te!

Espressioni romanesche

SEI COSÌ BRUTTO CHE NUN TE SORRIDONO MANCO LI SOFFICINI:
Voglio esprimerti tutta la mia umana vicinanza perché immagino sia frustrante essere stato l'unico bimbo a cui i "Sofficini" non hanno sorriso. È un riferimento a un celebre spot pubblicitario
HAI VISTO PIÙ COMETE CHE FREGNE:
Le ragazze, da sempre, proprio non ti considerano
SEI TARMENTE BRUTTA CHE BISOGNA GUARDATTE CO' 'R DECODER:
Sei così brutta che per avere un'immagine decente di te bisogna usare un decoder simile a quelli necessari per i canali Tv satellitari

giovedì, marzo 13, 2014

Misteri e segreti di Roma


          
                                                       
 Senatus PopulusQue Romanus

S.P. Q. R.
Della storica sigla sparsa un pò dappertutto nella città eterna, i romani hanno proposto nel tempo varie interpretazioni, fra le quali si citano; "Sempre papi(o sempre preti) qui regneranno"; "Sono preti questi romani"; "Soorcio perchè mi rosichi? Rosico questi pochi stracci".
Il poeta GIocchino Belli, espresse questo parere.

Quell'esse, pe, cu, erre, inarberate
sur portone dequasi ogni palazzo,
quelle s' quattro lettere der cazzo,
che nun vonno d' gnente, compitate.
M'aricordo però che da ragazzo,
quanno leggevo a forza di frustate,
me le trovavo sempre appiccicate
drent'in dell'abbecé tute in un mazzo.
Un giorno affine, me te venne l'estro
de dimannanne un pò la spiegazione 
a Don Furgenzio ch'era er mi maestro.
Ecco che m'arispose Don Furgenzio:
"Ste lettre vonno dì, sor zomarone,
soli preti qui regneno: e silensio".

Insulti romaneschi

Ahò, pare 'no scojo:
Dicesi di una tavolata composta da ragazze molto brutte, che ricordano un gruppo di cozze attaccate allo scoglio
C'hai du' cromosomi 'n testa che giocheno a dama:
Sei davvero molto stupido
C'hai 'na caccola pe' cervello. L'urtima vòrta che te sei soffiato er naso sei rimasto deficiente:
Non brilli certo in intelligenza

Insulti romaneschi

C'hai er fisico de 'n lanciatore de coriandoli:
Vista l'esiguità della tua massa muscolare, sarebbe opportuno che tu ti dedicassi a qualche attività fisica di un certo livello
Sei così stronzo che se acciacchi 'na merda fai scopa:
Non ti stimo affatto, e ti ritengo uguale a una deiezione
C'hai du' recchie tarmente grosse che se ce capivi de digitale vedevamo Tele+:
Hai due parabole al posto delle orecchie

mercoledì, marzo 12, 2014

Don Michele de Portogallo (1833)




Io me sento schiattà peddon Micchele.
Je volevo dì’: — Ssei troppo bbono!…
Quanno vedi ch’er popolo è infedele,

Er ritratto del Cardinale


Da cuer pittore (ggiù ppe’ lo stradale
Fra ssantIggnazzio e ’r Culleggio romano),
Che pearme1 e rritratti è ’n artiggiano,
Ch’in tutta Roma nun ze 2 lluguale;


Io m’accosto ar pittore e lo saluto;
Dico: — Perché sto coso senza testa? —
Disce: —Je ll’ho rraschiata e jje la muto. —

Allora un pasticcetto5 co’ li guanti
Disce: Lo lassi sta senza di questa,
Perché accusì si rassomijja a ttanti!

Er testamento de Papa Grigorio (1846)


Papa Grigorio è stato un po’ scontento;
Ma ppevvisscere poi, ma ppebbôn core,
Ch’avesse in petto un cor da imperatore,
Ce l’ha fatto vedé ner testamento.



Misteri e segreti di Roma



            

Via dei Coronari
La prima diritta
Quella che a noi appare forse la più vecchia e la più bella delle vie romane, era in realtà agli inizi  un' arteria di spettacolosa novità: la prima via diritta di Roma, dopo che i secoli avevano steso in Campo Marzio e adiacenze un impressionante intrico di vicoli toruosie tormentati. Sisto IV, uomo deciso ed energico, tagliò con un vero dolpo di spada, l'intrico e creò una "via di scorrimento" del tutto rettilinea di oltre mezzo chilometro. Si chiamò infatti "via Recta"; era il più classico accesso a San Pietro, percorso da miradi di pellegrini; quindi si  installarono una miriade di botteguccie di ricordi sacri, coroncine, rosari ecc.; di qui il nuovo nome di Via dei Coronari.
Morto di paura
Un'edicola sangalliana, la cosidetta Edicola di Ponte (all'angolo con angolo vicolo Orsini), fu eretta dal protonotaro apostolico Alberto Serra di Monferrato, noto per esservi salvato a stento dai lanzichenecchi durante il Sacco di Roma; il buon uomo scappò oltre il ponte e riuscì ad entrare in Castel Sant'Angelo un attimo prima che si chiudessero le porte, inseguito dai lanzi: Dopo di che, coscienzosamente, morì subito, probabimilmente in seguito allo spavento.

venerdì, marzo 07, 2014

Insulti romaneschi

Te faccio clonà e poi meno a te e a quell'artro:
Userò la tecnologia genetica per poterti picchiare maggiormente
L'arivedi quanno er cazzo mette l'unghia:
Non credo che te lo restituirò
Si te la tiri 'n artro po' la pòi usà come 'na fionna:
Sei una ragazza che sta troppo sulle sue

Misteri e segreti di Roma

 

Via della Vite
Il lager delle cortigiane
Nell'area chiamata Ortaccio, confinante con i conventi di Santa monica e delle Schiavone, Pio V attruppò nel 1569. costruendo una cinta e facendo orecchio da mercante alle proteste delle religiose, le cortigiane di bassa forza. Ordinò che il luogo non fosse frequentato in tempo di quaresima.
Trent' anni dopo, il recinto non bastava più a contenere la sua popolazione e ci si proponeva di allargarlo sino alla Trinità dei Monti, cioè dall'arco di Portogallo fino a Piazza di Spagna, rinserrando le quattro strade principali che si dirigono a quest piazza del Corso.

giovedì, marzo 06, 2014

Trilussa (Carlo Alberto Salustri)

ER GRILLO ZOPPO


— Ormai me reggo su 'na cianca sola.
— diceva un Grillo — Quella che me manca
m'arimase attaccata a la cappiola.
Quanno m'accorsi d'esse priggioniero
col laccio ar piede, in mano a un regazzino,
nun c'ebbi che un pensiero:
de rivolà in giardino.
Er dolore fu granne... ma la stilla
de sangue che sortì da la ferita
brillò ner sole come una favilla.
E forse un giorno Iddio benedirà
ogni goccia de sangue ch'è servita
pe' scrive la parola Libbertà!

Insulti romaneschi

So' annato a risorve:
Ho espletato le mie funzioni fisiologiche liquide
Sei tarmente brutta che se t'avvicini ar computer parte l'antivirus:
Sei di una bruttezza inaudita
Nun c'ho tarmente 'na lira che si mòro me sotterano co' la capoccia de fòri perché nun c'ho li sordi pe' la foto:
Ho talmente pochi soldi che non mi posso permettere neanche una tomba dignitosa

Insulti romaneschi

C'hai l'occhi che se stanno a tamponà:
Sbaglio o soffri di un leggero strabismo?
Nun sei pelato, è che c'hai la riga larga:
Sei una persona con pochissimi capelli
Sei tarmente brutta che bisogna guardatte co'r decoder:
Non ti si può esattamente definire bella, tanto che per avere un'immagine decente di te bisogna usare un decoder

Misteri e segreti di Roma


   Rio Madonna dell' Orto: Sullo sfondo la chiesa         


Via Madonna dell'Orto
L'università dei garzoni di barbiere
La chiesa della Madonna dell'Orto è la sede del maggior numero di confraternite, associazioni religiose di laici, una sorta di corporazioni a sfondo sopratutto sacro ben vive nella Roma dei secoli passati e ancora non del tutto scomparse.
Le varie confratenite gareggiarono a far sempre più belle le rispettive cappelle, cosicchè la chiesa si presenta oggi come una delle più ricche di Roma.
Curiosi i nomi delle varie confraternite, definite pomposamente "Università", "Università dei Pizzicaroli", "Univesità dei Pollaroli"; "Università dei Vermicellari" (cioè fabbricanti e vendotori di spaghetti e maccheroni); "Università dei Fruttaroli" e persino "Università dei Garzoni fi Barbiere".
"Bona nocte, mastro Iacopo!"
Tra le cento e cento lapidi e tombe conservate nella chiesa di S: Maria dell'Orto, merita un ricordo quella citata da tanti vecchi romanisti e non più (ma forse sussiste ancora, nascosta in una delle mille latébre della chiesa).Rappresentava un angioletto che soffiava su una piccola fiamma, spegnendola, ed era accompagnata dalla scritta "Bona nocte, mastro Iacopo!". Un a cosina gentile, triste, delicata, che contrasta con gli innumerevoli scheletri ghignanti, le clessidre, ivecchi con lafalce, i "memento mori", le ossa di morto e le altre piacevolezze sparse a piene mani per tutte le chiese della città.

Insulti romaneschi

Abbiti 'na liana dopo Tarzan:
La tua dimora non è effettivamente molto pratica da raggiungere
Te sei magnato quarcosa de triste:
Dalla tua flatulenza evinco che il tuo ultimo pasto non è stato propriamente leggero
Ma che c'hai nelle mutande, 'a pasta d'a pizza?:
Sarebbe arrivato il momento che tu smettessi di toccarti i genitali